lunedì 27 febbraio 2012

Poesiarium.

León Felipe, Sé todos los cuentos.




Yo no sé muchas cosas, es verdad.
Digo tan sólo lo que he visto.
Y he visto:
que la cuna del hombre la mecen con cuentos...
Que los gritos de angustia del hombre los ahogan con cuentos...
Que el llanto del hombre los entierran con cuentos...
Y que el miedo del hombre...
ha inventado todos los cuentos.
Yo sé muy pocas cosas, es verdad.
Pero me han dormido con todos los cuentos...
Y sé todos los cuentos.

"... dopo esser vissuto in diversi paesi latinoamericani, fissò la sua residenza in Messico". Viveva ancora in Messico al momento della pubblicazione dell'antologia di  José María Castellet,  la cronistoria novecentesca della Spagna attraverso al voce dei poeti. Il volume è il n. 23 della collana Le Comete, Feltrinelli.  Correva l'anno 1962, era dicembre. 


sabato 25 febbraio 2012

Most Wanted.



Il sabato è uno dei giorni che preferisco e che detesto: lo preferisco perché ho tanto tempo da dedicare alla lettura, lo detesto perché è un caso unico nella settimana. Da oggi Totalarium dedicherà i suoi sabati ai consigli per gli acquisti: al più presto scriverò uno statuto per i lavoratori messicani, abbiate fede. Nel frattempo, se avete voglia, eccoli qui, i cinque segnalati di oggi.



Se cercate una storia vera, a metà tra romanzo thriller e reportage giornalistico, che vi faccia conoscere molto più di ciò che sapevate di un angolo di mondo e se siete appassionati di certa letteratura nordica che vira al noir, dovete leggere L'uomo laser. C'era una volta la Svezia, di Gellert Tamas, Iperborea, € 19,50, pp.504.

Se invece volete una storia al femminile, e quindi complicata, piena di sentimenti, intelligente, agganciante; una storia sincera e senza peli sulla lingua, in grado di liberare il vostro lato emotivo, allora vi consiglio Miriam e la geometria, dell'esordiente Luisa Grosso, et al./EDIZIONI, € 15,00, pp.228.

Per gli amanti di Amélie Nothomb (sappiate che non vi capirò mai e poi mai), vi segnalo che è uscito il suo ultimo libro, Uccidere il padre, che potete leggere in un pomeriggio e costa solo 9 €. Di Voland, invece, molto più consigliato Il corridoio di legno, di Giorgio Manacorda, sia per la storia, si perchè voglio simpatizzare per gli italiani.

Tra i miei prossimi acquisti, il caso letterario di Alice senza niente, di cui presto o tardi vi parlerò.









venerdì 24 febbraio 2012

La Totalata del giorno

Freschi freschi dalla Sicilia, eccoli recapitati a destinazione: Pesci di Evelina Santangelo e Mio padre non ha mai avuto un cane di Davide Enia. Due gioiellini fabbricati con i frutti (o meglio, gli scarti dei frutti) di Madre Natura. Perché se ancora non lo sapete, sappiatelo: :duepunti edizioni ha uno zoo di carta e parole, e sono già al decimo esemplare. Si tratta di una collana, come avrete capito, al 100% ecologica e sostenibile: le parole e i disegni sono di inchiostro ad acqua e la carta è fabbricata con la cacca di elefante. Vuoi mettere tenere in mano un libro che in filigrana ha i fili d'erba dello Sri Lanka? E allora comprateli, costano solo 6,00!
Un'anteprima l'avete qui:


domenica 19 febbraio 2012

Se fossi stata la Pym, avrei inventato l'ebook.

 Barbara Pym è stata paragonata a Jane Austen, anzi definita una "moderna" Jane Austen. Io Jane Austen non l'ho mai letta, lo confesso, perciò a prima vista questo paragone non mi dice niente, non posso sapere se questo sia un giudizio positivo o negativo. Ho letto la Pym, però, almeno Crampton Hodnet, e avendo solo questo come metro di giudizio, mi sento di affermare che allora anche la Austen doveva essere in gamba. Leggo che Barbara venne prima esaltata e poi snobbata, come capita spesso in amore.  Pare che dopo un decennio di stima e simpatia il suo editore, nel 1963, la dichiari obsoleta e impubblicabile, o quantomeno non ripubblicabile.  Sicuramente un tempo era molto più facile compiere un atto del genere senza possibilità per la scrittrice di cavalcare l'onda del successo in una repentina e sfacciata rivincita, pubblicando, che so, un ebook a prezzo stracciato e dimostrando che lei  il suo pubblico già ce l'aveva, senza bisogno di passare per il lungo e noioso iter editoriale. Tiè.
Purtroppo la Pym ha dovuto ingoiare il rospo e accontentarsi della gloria post mortem, quando la sua curatrice letteraria Hazel Holt, fa publicare altri tre suoi romanzi, tra cui Crampton  Hodnet. Io me lo sono gustato nella  nuova veste rossa e raffinata che la casa editrice Astoria ha confezionato per lui.
Se vi descrivessi brevemente la trama è probabile che alcuni di voi storcerebbero il naso e passerebbero oltre. Ma il mio intento è quello di mantenervi sintonizzati sui miei sproloqui, e dato che non sarebbe abbastanza dire che questo libro dipinge in maniera ironica, acuta e spietata (ma sempre molto inglese) la vita di North Oxford negli anni trenta, fatta di salotti, biblioteche, amori e pregiudizi, vi dico un'altra cosa:  Jessie Morrow. La signorina Morrow, per la precisione; la dama di compagnia della signora Doggett. Pardon: la signorina Doggett. Sì perché per me è normale considerare una signora una carampana, anche se non sposata. Una signorina, per l'appunto. Dopo questa fatica terminologica, torniamo a Jessie Morrow, una che agli occhi della mondana chioccia oxfordiana è da considerare con un misto di pena e tolleranza. Insomma, l'assistente personale ante litteram, l'individuo da tappezzeria adatto da tenere accanto per i compiti ingrati e per darsi una certa aria di importanza. Ma la signorina Morrow prende il tutto con stile e consapevolezza: ironizza perfino sulla sua scarsa fantasia nel vestire, figuriamoci se può trattenersi dall'ironizzare sulla fauna vittoriana che le sta attorno. Quindi, high five per la signorina, che si lancia in una serie di mosse mai appropriate e ci conduce ad appassionarci a questa storia fatta di verità così comuni che ci sentiamo un po' in colpa a riconoscerci così banali. Perché, tolta la veste vittoriana, Crampton Hodnet potrebbe essere tranquillamente una serie televisiva; dopo le prime puntate, diventa irresistibile. E ve lo dice una che le serie tv non le guarda.


mercoledì 15 febbraio 2012

Letture maniacali di storie maniacali su maniaci.

"Wolfgang si lanciava in progetti sempre nuovi a cui si dedicava anima e corpo. Gli capitò di leggere un libro semisconosciuto sulla dieta a base di acido lattico del tedesco Johannes Kuhl e diventò un fanatico portavoce dei latticini come mezzo per prevenire  il cancro. Aveva il libro sempre con sé e fece stampare degli opuscoli che distribuiva a chiunque incontrasse. Con lui non si poteva parlare d'altro."

Pagina 169. L'uomo laser di Gellert Tamas, Iperborea.

Mi sono innamorata della mania quando ero molto piccola, e niente potrà trattenermi dal divorare pezzo per pezzo questo libro, che ho aperto alla pagina 169 camminando in un androne metropolitano di Porta Venezia. Il formato del libro e il marchio lo rendono più appetibile (anche se tutti voi avete pensato alla scomodità dei formati Iperborea, vi posso assicurare che ci si affeziona, alla scomodità). Che per un anno intero una persona possa accanirsi contro i cittadini stranieri della propria città tormentandoli con un laser, e che per questo venga chiamato "uomo laser" non vi sembrerà più così strano ma che Stieg Larsson volesse scrivere prima lui questa storia e non ci sia riuscito, magari potrà interessarvi. L'aggancio più forte, in ogni caso, è la voglia di scandagliare l'animo umano come un detective tormentato, facendo puzzle di foto e post-it sulla bacheca e scribacchiando su un taccuino, una sigaretta dopo l'altra. Girando per le strade, sfidando il gelo e la ritrosia dei vicini di casa. Tamas l'ha fatto per noi, per cui mi metto in poltrona e comincio dall'antipasto.

Leggetelo, lo so che siete dei maniaci.

lunedì 13 febbraio 2012

Berlino, gli anni del collegio.

Sarà perché l'ho letto in questi giorni di maltempo del tutto eccezionali, che non mi hanno reso difficile immaginare i corridoi scavati nella neve come punizione. Sarà perché nella vicenda affiorano in superficie gli anni di piombo, come detriti portati a riva dalle onde. "Il corridoio di legno" è  l'iniziazione crepuscolare alla narrativa di Giorgio Manacorda.  Ecco cosa mi è piaciuto:

- l'Holtzgang, il luogo. Il corridoio di legno dove i bambini si trasformano in bestie feroci, in spietati caporali, in guerrieri primitivi, in idealisti, in uomini;
- il gruppo, che si trasforma in branco. Nato dalla cattività in una semi-prigione dove la condivisione viene imposta come un castigo. La consapevolezza dell'espiazione comune non fa altro che rendere questi precoci angeli caduti  ancora più identici nella solitudine;
- la tragicità dei personaggi, le loro passioni vissute al limite e la figura romantica del cattivo, Silvestro, il compagno traditore, l'innamorato pazzo, il tiranno solo;
- il linguaggio opaco e denso, le riflessioni così inscindibili dai fatti che non ti permettono di mollare la presa sulla narrazione. Devi leggere non tanto per capire come la storia andrà a finire, perché sai già da subito che non ci sarà un finale. Leggi per quell'attacamento primordiale al dolore e quel gusto del barocco che si nascondono dietro alla storia italiana. 
- l'insalubrità dell'aria. Il racconto epistolare di Andrea è un sifilitico brancolare negli avvenimenti, è il tremolio di un miraggio, la visione dettata dalle febbri della memoria, dell'alcol, dell'immaginazione. Ci si sente stanchi, come a dover ascoltare la verità di un pazzo senza poter fare affidamento su nient'altro. 

Leggetelo chiusi in casa.


Il corridoio di legno, Giorgio Manacorda, Voland (2012).