domenica 24 luglio 2011

Luoghi (s)consacrati al passato.





Genius Loci, di Hella Haasse
Titolo originale: Twee verhalen
Traduzione dal'olandese di Laura Pignatti
Editore: Iperborea
pp. 64, € 9,50


"La mia vita è -da sempre- dominata da quello che non so, che resta fuori dalla mia visuale, o dalla mia portata, come un perenne assillo". Così confessa la "Grande Dame" della letteratura olandese, Hella Haasse, in uno dei suoi libri più autobiografici, "Tiro ai cigni" (Iperborea, 2004). Ora ha 93 anni, e quel non-detto e non-saputo che solca la sua esistenza, non se n'è andato: resta insaziato il desiderio di compiutezza di questa grande scrittrice d'altri tempi. "Genius loci" è un piccolo scrigno che racchiude due soli racconti: "Genius loci", appunto, e "La casa in fondo al giardino". Il mistero, sotto forma di inquietudine, è il filo rosso che unisce queste due racconti intimisti, che, dopo averli letti, lasciano addosso quella sottile angoscia simile ad un dejà-vuE' "già vissuto" quello struggimento romantico e adolescenziale che permea i giardini consacrati agli spiriti di esistenze passate; i sentimenti delle due donne protagoniste colano tra le righe come linfa, senza risparmiarci da un senso di disagio.

C'è qualcosa di profondamente sbagliato nell'esistenza, è questo che viene da pensare: di sbagliato e irrevocabile, come un verdetto divino. O come una stregoneria: a dircelo nel loro linguaggio fatto di veli e presenze sono le piante, creature misteriose, mute ma udenti, che trattengono le trame sporche del passato così come ospitano le ragnatele tra i loro rami. 
Non ci sono risposte, solo intuizioni: è questo che ci dice la raffinata narratrice dal passato esotico e quasi fiabesco, in questo suo delicato esercizio di stile.

mercoledì 13 luglio 2011

Ombre di confine vol I - Il meänkieli.



L'uomo che morì come un salmone, di Mikael Niemi
Titolo originale: Mannen som dog sm en lax (2006)
Traduzione di  Laura Cangemi
Editore: Iperborea
pp. 336, € 16,50

Il loukku è una rudimentale trappola per topi o piccoli animali, una sorta di scatola di legno costruita secondo delicati equilibri, all'interno della quale un bastoncino con all'estremità un po' di cibo, se mosso dalla bocca vogliosa di cibo dell'animale, fa crollare la parete superiore in modo da schiacciare la vittima. 
Nel Tornedal, remota regione nel nord della Svezia, pericolosamente confinante con la Finlandia, il loukku attende con le sue fauci spalancate la preda. Può attenderla per anni e anni, senza stancarsi. Solo che chi la trova, molto spesso, non è un topo. Si rischia di rimanere mutilati dalla troppa curiosità o dall'inesperienza; sono fatalità, errori, distrazioni. 
In questa terra di boschi e acque, gli abitanti dall'aria un po' intontita rispetto alla scattante Stoccolma, vivono portandosi dentro le cicatrici di ben altra mutilazione; uno strappo mal rimarginato, che ancora fa spurgare i resti di un passato represso: ai tornedaliani volevano strappare la lingua. Qui si parla il meänkieli, una lingua minore, tonda, gutturale, una spugna che ha assorbito le tracce della materna Finlandia. E' bastata la penna di un sovrano, un gesto deciso del polso, per mutilare una nazione; senza uccidere, per carità. Il taglio ha generato lo stesso effetto che avrebbe avuto su un lombrico: due parti, due storie, due vite indipendenti. Ed ecco da un lato la Finlandia e dall'altro il Tornedal, che è Svezia, ma mai fino in fondo. Gli svedesi non accettano questa lingua rozza, e cercano di porre rimedio soffocandola. I bambini, a scuola, vengono maltrattati, costretti ad imparare ed usare solo lo svedese, un intero popolo viene sottomesso ai voleri irrazionali di un'autorità lontana, che dal suo scranno, ritiene opportuno sottolineare che  un cervello con due lingue non può che essere confuso, deviato, quasi sacrilego: ah, la purezza e la rettitudine della mutilazione! Una sola lingua, un solo pensiero. Via tutto quel lessico inutile, quelle sfumature e quella doppiezza semantica. E così, i piccoli funzionari del regno, giorno dopo giorno, svolgono zelanti il loro compito (la storia, si sa, ha bisogno di tanti squallidi individui repressi per seguire il suo triste corso). Ma le mutilazioni, i tagli, hanno un difetto: si rimarginano lasciando un segno ben evidente, una cicatrice che, per quanto ci si sforzi, non si riesce a fare a meno di toccarla con le dita, di ripassare la sua forma, e ci sembra di non conoscerla mai abbastanza bene. 
Pajala è ora un paesino tranquillo che si trova proprio nel Tornedal, dove ormai il meänkieli ha ottenuto una legittimazione, nonostante parecchi abitanti abbiano 'svedesizzato' i propri cognomi. Quindi, non dovrebbero esserci problemi: e allora perchè il vecchio Martin Udde, prima maestro e poi doganiere, ormai alla fine della  vita, viene trovato nel suo letto ucciso con una fiocina, una di quelle che si usano per cacciare salmoni? E cosa sta bruciando a fuoco lento su una padella nella sua cucina? 
Per scoprirlo, arriva dalla capitale una poliziotta cittadina del mondo, figlia della globalizzazione pop e della cultura dell'immagine. Una Barbie emancipata che prende in mano la situazione con disgusto, ma che avrà molto di imparare, soprattutto su se stessa e sulle proprie origini. Imparerà che la morte di un uomo si porta dietro sempre il pezzo di storia, e che forse il destino di Martin Udde stava già scritto da qualche parte, in qualche stanza buia che nessuno ha mai avuto il coraggio di aprire. Certe cose, però, più che scritte stanno nell'aria, si tramandano di bocca in bocca, sono dette e sentite, ma non incise; proprio come le istruzioni del loukku, la trappola per topi, la fine del vecchio doganiere si è tramandata in un filo sottile di dna, ha strisciato di cellula in cellula, fino ad arrivare all'atto finale, al compimento del gesto estremo: lo schiocco di mandibole, la chiusura delle fauci, lo strappo della carne.

mercoledì 6 luglio 2011

Le menti di Billy Milligan. Ovvero, una stanza piena di gente.




Una stanza piena di gente, di Daniel Keyes 
Titolo originale: The Minds of Billy Milligan (1982)
Traduzione di Natalia Stabilini e Isabella C. Blum
Editore: Editrice Nord (2009)
pp. 544, € 19,00


Si sta stretti in una stanza con molte, troppe, persone: soprattutto se alcune di queste non sono esattamente ciò che desideravi trovarti di fianco, gomito a gomito. Soprattutto se, oltre che all'età, anche le nazionalità, le lingue, la religione e gli accenti sono differenti. Quella sala riunioni a Lebanon,  dove, in una mattina fredda e nebbiosa di inizio marzo nel 1978, si ritrovano quattro psichiatri, un assistente sociale, tre avvocati - e, presumibilmente, almeno un poliziotto- piena di gente lo era per davvero. In realtà a riempire la stanza, ben più che questa folla di professionisti, sarebbe bastato quel ragazzo di ventitre anni dall'aria impaurita, con il viso nascosto da folti baffi e da una zazzera biondo grano. 
Quell'aria inquieta e quel far andare su e giù le ginocchia non dipendevano dal fatto che Billy Milligan fosse l'imputato in questione; perchè Danny, in quel momento, non capiva proprio cosa stesse succedendo e cosa volesse da lui quella gente. Così abbandonò il posto e fece arrivare Ragen, che parla con accento slavo, e per questo lascia sempre un po' sconvolti i suoi interlocutori. Sì, si stava decisamente stretti in quella stanza, e il dottor Harding Jr., direttore di una prestigiosa clinica, nonché autorità in campo psichiatrico, stava anche cominciando a sudare. Sembrava ci stesse mezzo mondo lì, a guardarlo con quegli occhi azzurri che ogni tanto era come se perdessero consistenza; come se chi ci stesse dietro si fosse assentato un attimo per lasciare la scena a qualcun'altro.
Billy Milligan non lo sapeva ancora che quell'incontro, in quella stanzetta adibita a sala riunioni,con lavagne e matite, sarebbe stato il primo passo verso la sua assoluzione: sarebbe diventato famoso, il piccolo Billy; voglio dire, ancora più famoso di quanto non lo fosse già, con la sua quindicina di giorni di celebrità per aver rapinato e stuprato tre giovani donne. Sarebbe diventato, infatti, il primo uomo dichiarato non colpevole per infermità mentale; ma  dormiva.
Certo, perchè quando si è in troppi in uno spazio ristretto, gestire la situazione diventa complicato e spesso l'unico modo per sopravvivere a una convivenza forzata è quello di isolarsi. Così Billy dorme, e lo fa per anni, lasciando che siano gli altri ad affacciarsi sulla porta e a interloquire con il mondo esterno. A turno, ognuno fa capolino e si arrangia, lasciando Billy nel suo stato di torpore. Quella mattina di inizio marzo, questa strana giuria di esperti dovrà capire, prima di decidere; dovrà constatare che in quella stanza, di persone, ce ne sono almeno una trentina (anche se nessuno arriverà a pensarlo o a dimostrarlo). Sarà una mattina decisiva anche per Billy Milligan e per la sua famigilia di coinquilini, che solo da quel momento vengono legittimamente riconosciuti come abitanti del posto.
E a quel punto, cosa si deve fare di Billy e della sua “famiglia”? Dopo aver girato le carceri e gli ospedali di mezzo mondo, finalmente Milligan trova qualcuno disposto a crederci, a questa storia delle personalità multiple. Anche se sono talmente tante che a mettersi a contarle non ci si crede. Non si può credere neanche alle sue (pardon, alle loro) abilità: c'è chi suona la batteria e chi il sax, chi conosce lo slavo chi l'arabo, c'è chi dipinge ritratti al limite del vero e chi paesaggi malinconici. E poi come fa uno che il giorno prima si rannicchiava in modo scomposto in un angolo per la paura di essere picchiato, a guardarti con quegli occhi colmi di rabbia, e a sradicare un gabinetto dal pavimento?
Non sarà facile, per gli uomini e le donne che si sono presi a cuore la questione, risalire alla summa, all'Uno, al Maestro: colui che è l'addizione delle sue parti. E, soprattutto, ancora più difficile sarà far capire al mondo chi è quest'uomo e cos'è diventato. Sarà difficile far accettare all'America degli anni Settanta, il fatto che uno stupratore non sia un criminale, ma una poetessa lesbica in cerca di calore umano. Sarà impossibile convincere le autorità a lasciare che per una volta il povero Milligan si prenda il suo spazio vitale, riattaccando giorno dopo giorno i cocci della sua vita. Daniel Keyes è lo scrittore barbuto che si fa in parte carico di questo fardello: registrare, testimoniare, assemblare, raccontare. Dalla A alla Z, dalla nascita alla morte; no, non vi ho svelato la fine. Sarebbe banale: Billy Milligan tecnicamente è ancora vivo; sta a voi decidere, dopo aver letto la sua storia impressionante, dove sta la A e dove la Z, in un alfabeto che è stato rimescolato come le lettere di un paroliere.