mercoledì 22 giugno 2011

Dopo la X, viene la A: si ricomincia da capo, con la benedizione di un genio.




Generazione A, Douglas Coupland
Titolo originale: Generation A (2009)
Traduttore: Marco Pensante
Editore: ISBN
pp. 400, € 15,00

Un futuro senza le api, con fiori e frutti nati da impollinazione manuale, fatto di tsunami, esibizionismo estremo, call center che- dal capo opposto del mondo- nutrono l'immaginazione di giovani cloni, gente che perde la fede in qualsiasi cosa nello stesso modo fervente in cui prima credeva, vite virtuali e strane sindromi dettate dalla solitudine. Cinque persone diverse (ma tutte punte da un'ape) che si ritrovano isolate in una casa a raccontarsi storie; un sadico esperimento dettato dal delirio di onnipotenza di un Boccaccio post moderno, uno scienziato che più che un personaggio alla Brazil assomiglia a una specie di filosofo blasè, annoiato dalla sua stessa razza. Tutto va a rotoli, e i fantastici cinque (una sportiva, un adolescente a metà tra l'emo e il nerd, un agricoltore esibizionista, una pia donna affetta da sindrome di Tourette, un centralinista dello Sri Lanka che per comodità e cinismo chiameremo "Apu")  non hanno altra scelta, se non seguire le indicazioni di questo strano e inquietante tutore; non possono far altro che esplodere in decine di storie incredibili tessendole inconsapevolmente intorno a un unico filo rosso. Disgregazione e poi fusione; processi che ci ricordano le profezie di certi filosofi del Novecento, di certi profeti della perdita dell'identità, dell'aura e delle grandi narrazioni. Non dimentichiamoci di cosa si sta parlando: della Generazione A, quella che ci raccoglie tutti sotto la benedizione di Kurt Vonnegut, quella che -ormai- ha già dato inizio a “una serie di trionfi e fallimenti spettacolari”.

martedì 21 giugno 2011

Il giallo è aristocratico


La morte segue i magi, Hans Tuzzi
Editore: Bollati Boringhieri
pp. 309 , 13,76 €


Ci vuole qualche pagina- forse una trentina, forse di più- per entrare in sintonia con la scrittura di Hans Tuzzi. Quando ci riesci, quando riesci a decifrare ed afferrare i suoi aforismi nascosti in ogni paragrafo, quando il ritratto verista prende vita, non vorresti più interrompere la lettura. Quasi quasi ti piacciono anche le strade umide di Milano sotto la pioggerellina autunnale, i bar che si portano dentro come una condanna l'odore di zucchero, burro e tabacco (allora, negli anni Ottanta, si poteva fumare nei locali pubblici); riesce persino ad affascinarti certa aristocrazia nascosta e sprezzante, indagata impietosamente ma sempre con eleganza dall'occhio scettico e malinconico del commissario Melis. Che poi, diciamocelo, se il commissario non è un poco malinconico, non ci piace veramente. "La morte segue i magi", episodio sospeso tra le Br e la "Milano da bere", ha tutti gli elementi per essere un giallo perfetto, più la raffinatezza e lo stile di Hans Tuzzi; c'è la città grigia da scoprire dietro ogni angolo, c'è il commissario che fuma la pipa, c'è la sua fedele e romantica compagna, c'è il suo cane, c'è tutta una squadra di macchiette del distretto di polizia. E poi ci sono i milanesi, per lo più facoltosi, appartenenti a un mondo sotto vetro: i restauratori, i ricchi collezionisti, i sapienti e i non meno astuti falsari. Vi sorprenderete ad appassionarvi al sottobosco di mestieri che circondano l'arte, mentre magari fuori piove e ci sembra un po' di essere in quella Milano novembrina dove le foglie dei platani brillano di giallo. Ah, dimenticavo: ci sono anche i delitti.

sabato 18 giugno 2011

Alfredo Antonaros vol. I

Alfredo Antonaros è una voce nascosta, uno dei tanti personaggi sottovalutati del panorama letterario italiano. E' il ghost writer della malinconia, dove Tabucchi ne è il ritrattista. Un decina d'anni e due editing completamente differenti separano Per Sarah da La piattaforma : uscito ne "I Narratori" Feltrinelli il primo, nella sezione Europós della raffinata collana di Jaca Book "Mondi Letterari", il secondo. Un romanzo femminile e uno maschile, un flusso di coscienza senza possibilità di naufragio a confronto con l'immobilità morale e sentimentale dei naufraghi della piattaforma. Il deserto del Medio Oriente e quello dell'oceano, una coppia simbiotica di amiche e un padre e un figlio esacerbati dalla lontananza. Un chiasmo letterario rimasto occultato dagli strilli dei venditori.

Per Sarah, Alfredo Antonaros
Editore: Feltrinelli (1989)
pp. 109

Lo sciorinare ininterrotto dei ricordi dell'anonima amica di Sarah è leggero e di ampio respiro, talmente ampio e leggero che ci si lascia cullare sin dall'inizio, sprofondando piano piano. La voce che fa rivivere Sarah dipinge fotogrammi di una luce intensa, quella del cielo infinito di Beirut e delle caotiche strade di Marsiglia. La mente gioca con i tempi verbali, i flash back diventano flash forward: due ragazze mediorientali ampie, che contengono moltitudini, che si gonfiano come lenzuola al vento, riempiendosi di coraggio. L'anticonformismo e l'intelligenza non sono ostentate, ma raccontate in parole povere, così come gli amici, l'alcool, il passaggio da oriente a occidente, da un vuoto all'altro, le sigarette, glu uomini, i concerti (una pianista, l'altra violinista). E poi il senso di inadeguatezza che emerge dal torrente di emozioni, il tormento della tragicità quotidiana, per cui nulla è facile, niente può essere vissuto con superficialità. E il nastro dei ricordi si contorce, in un mulinello ciclico, precipita, si fa complesso. L'irrimediabilità dei fatti si ispessisce, mano a mano che la storia di questa amicizia romantica si avvia verso la fine. Un lucidissimo gioco con i ricordi, un disperato tentativo di non lasciare che la memoria si sgretoli.

La Piattaforma, di Alfredo Antonaros
Editore: Jaca Book (1997)
pp. 122


Che senso può avere una piattaforma, una finzione estrema sganciata sul mare, una terra che nessuno vuole vedere? Quali circostanze portano a trovare lavoro in un’isola di tubi, che esala veleni e rumori? Eppure si vive di questo, sulla piattaforma di smaltimento rifiuti in mezzo al mare; si vive consapevoli della presenza di certi fantasmi, persi sulla superficie dell’acqua, di questi sprechi di vite galleggianti. Ci convivono gli indiani, i creoli, i neri, i cinesi. Canottiere sporche, stivali che affondano nel fango e nella muffa, che divora ogni cosa. Saliranno i polpi e i granchi, a mangiare le corde del pianoforte,a togliere musica a questa croce segnata a matita sulle cartine geografiche, che pure la ignorano.
In questo luogo inesistente perché dimenticato, approda Wilkins, un comico, uno che fa ridere la gente, una maschera dal sorriso condiscendente e imbarazzato da se stesso, che ti perdona all'istante se ridi di lui, e lo fa con un'alzata di spalle. Arriva qui per un'improbabile riconciliazione con il figlio, roso dall'alcool e dal rancore, che della piattaforma ha fatto la sua torre d'avorio. 
Un vecchio padre che, come gli elefanti, sta cercando un posto per sé, alla fine della vita, che vuole togliersi dalla scena per ritornare sui suoi passi  con l'umiltà del figliol prodigo.

Speed Blues. Latte, solfato e Alby Starvation di Martin Millar


"Latte, solfato e Alby Starvation" di Martin Millar
Titolo originale: Milk, Sulphate and Alby Starvation (1987)
Traduzione di Franco Garnero
Editore: Baldini Castoldi Dalai editore (2004)
pp. 177 - € 12,40
Nel 1987, a Brixton, nasce un anti-eroe letterario: un pusher paranoico, cultore del raggae e dei fumetti Marvel, con un criceto come unico compagno. Il fatto che si stia parlando di un giovane adulto inglese nel pieno dell’era delle droghe sintetiche e dello squatting fa già il 20% del lavoro per rendere Alby Starvation un “morto di fame” accattivante. Un personaggio di culto a pieno titolo. Il libro si apre con una considerazione personale, che vale la pena citare: “Cristo santo che cazzo di rottame sono diventato”. Personalmente la inserisco tra i dieci migliori incipit della storia della letteratura. 
Alby è ricercato da una killer professionista, assoldata dal Monopolio del Latte per ucciderlo, dopo che, scoprendo di essere intollerante al latte come la maggior parte della popolazione inglese, Alby diventa la star per un giorno dei tabloid e mette in pericolo l’industria casearia della regina - che d’altro canto si serve di metodi non proprio ortodossi per sfamare i suoi sudditi. Questo è l’occhio del ciclone, che coinvolge parecchi altri personaggi interessanti: innanzitutto il Cinese, “alquanto misterioso, e non solo perchè è cinese”, alla ricerca di Alby Starvation come June, la killer professionista amante delle piante e della filosofia, che “fa l’assassino perchè molto discreta”. Poi Fran e Julie, che tra un concerto punk e l’altro trovano il tempo di essere amiche di Alby (ma forse è solo una questione di solfato). Fran e Julie contribuiscono alla condizione disperata del direttore del Big Value, in quanto esperte taccheggiatrici. Del resto, non si può mangiare granchè con il sussidio di disoccupazione. Ci sono poi due avversari, conosciuti e temuti in tutte le sale giochi di Brixton: uno è l’autista fedele del Cinese, Cheng; l’altro è il suo “rivale mortale”, Wu. Si sfidano ogni sera e rappresentano due approcci diversi al gioco: occidentale e orientale, gioco sporco e allenamento contro meditazione e pittura zen. E il professor Wing, alla ricerca di un’antica corona, che spera di trovare fingendosi un operaio e scavando nelle strade londinesi. E altri, minori ma autentici personaggi, tra i quali stavo dimenticando, in modo imperdonabile, Happy, il criceto di Alby. La colonna sonora è gracchiante, ha il suono sporco delle piastre di registrazione homemade; oltre ai pezzi dei The Fall e a qualche suono che ci si può immaginare provenga dalla chitarra scordata di Alby e dalla sua maldestra batteria elettronica, si respira aria di Ottanta, di emarginazione, di carta da parati strappata. Uno speed di elementi culto che vi farà sorridere.