lunedì 10 febbraio 2014

Calà, mare forza 9: la persecutio temporis degli anni '80.

L'ho fatto. Sono andata a vedere uno show di Jerry Calà (come se non sapessi già a memoria le battute dopo aver visto 10 minuti dei suoi live su YouTube).
Sta di fatto che mi sono recata alla discoteca Magriffe di San Vittore Olona, già di per sé un posto dove non avrei mai messo piede ma per Jerry questo ed altro.
Per altro, preferisco chiamarlo Gerry visto che è il diminutivo di Calogero. Pensavo che mi sarei divertita, che avrei sentito la stretta nostalgica degli anni '80, che quantomeno sarei riuscita a ballare anche solo per scherzo.

Niente di tutto questo. Oltre al fatto che  mi sentivo un pesce fuor d'acqua (per due motivi fondamentali: l'età anagrafica, essendo almeno un decennio al di sotto della media, e l'outfit, decisamente troppo casual al confronto dei tacchi vertiginosi e dei vestiti da gara). Con le mie scarpette da cameriera e la mia camicetta rossa stavo lì, stringendo compulsivamente il gin tonic e cercando di sistemarmi i capelli impazziti per l'umidità. Avevo pure l'herpes e nessun cerone a coprirlo. Insomma, decisamente low profile per le attese della serata: ma quel che conta è Gerry. Mentre gli uomini della band intrattenevano il pubblico prima dell'arrivo del "mattatore" Calogero pensavo: "dai, ora salta fuori Gerry e mi risolve la serata, mi fa dimenticare tutto".

Macché. E' stato come rivedere l'ennesima replica di un film in tv, non faceva effetto. E ovviamente, non riuscendo a farmi trascinare dall'euforia superficiale sono scivolata pericolosamente nello step successivo: la considerazione umana dell'individuo Gerry Calà. La mia amica Vally continuava a ripetermelo: "Eh no, questo non è l'atteggiamento giusto". E ha ragione: mai e poi mai andare a queste serate se non sei in grado di divertirti cantando Dieci ragazze per me ancheggiando come un giocattolo a molla. Pensavo che ce l'avrei fatta e mi sbagliavo di grosso. Riuscivo solo a guardare Gerry e a pensare: " Poverino, sta sbarcando il lunario" (e subito dopo: sticazzi, avercelo un lunario come il Gerry!).
Non serve che ve lo dica: il repertorio è stato il solito. Una quindicina (forse) di pezzi triti e ritriti della musica italiana culminato con l'imprescindibile Maracaibo in versione medley, collegati fra loro con le solite battute alla Calà. A parte i classiconi "Non sono bello... Piaccio!" (accolto con insuccesso, per altro) e "Libiiiiidine, doppia libiiiidine, libidine coi fiocchi" (dove ha anche sbagliato il gesto, facendo per due volte il gesto della libidine con i fiocchi), il restante umorismo si basava su una serie di ammiccamenti al sesso adolescenziale (esperienza che per tutti i presenti rappresentava qualcosa di assai remoto per non dire preistorico).

Infine, non poteva mancare la scivolata nella nostalgia per gli anni '80 e il polpettone di filosofia spicciola sull'estate come stato d'animo. Devo ammetterlo, ci sono stati dei momenti di sana autoironia che, insieme all'affermazione "Negli anni '80 accendevi la radio e c'erano i Gazebo, delle note che ti riempivano il cuore", sono stati gli unici momenti apprezzabili della serata.
L'inno agli yuppies (sic) e al loro entusiasmo mi ha definitivamente spezzato il cuore e le gambe. A quel punto però il tempo è scaduto, il cartellino andava timbrato e il buon Gerry se n'è andato veloce come il vento.

Io anche. Ma non mi sono sentita meglio, una volta fuori da lì. Non c'è veramente scampo, uscire dagli anni '80  non si può.
Per finirla con una citazione: "Fuggire, sì: ma dove?"
Jerry Calà al Magriffe, 9 febbraio 2014.