giovedì 12 luglio 2012

I ricordi mi guardano

Un barattolo di vetro, tondo, con un coperchio di latta, tipo quelli della marmellata o della salsa: svitiamo il tappo e, come per magia, oltre all'odore un po' acidulo  e appiccicaticcio del precedente contenuto, sentiamo un lieve fruscio e ci scostiamo di scatto: dal barattolo escono una miriade di farfalle, di diversa forma e colore. Sono i ricordi, la parte intatta e inafferrabile dell'infanzia, le tappe di un percorso che giunge verso la fine per il più che sessantenne Thomas Tranströmer
Mi sono messa a leggere questa piccola autobiografia per punti, ridotta estremamente all'essenziale, prima di avvicinarmi alla sua poesia. Tranströmer ha scritto poco, non è tipo da sprecar parole. Come nella sua poesia, ha condensato in poche pagine ciò che per lui è la sua esistenza: i suoi ricordi.
La famiglia, il perdersi in una città sconosciuta, gli autobus e i quartieri di Stoccolma, il Museo di Storia Naturale, la guerra, gli amici, la scuola elementare e i suoi duri maestri, il ginnasio, l'amore per i versi classici, l'angoscia dei quindici anni: più o meno è tutto qui, e non è certo poco.
Un'esercizio utile per tutti noi, sfrondare la nostra vita  e la nostra storia delle cose inutili che ci portiamo dietro: teniamo le tessere davvero fondamentali, lavoriamoci su, facciamole rivivere quotidianamente e saremo sempre noi stessi, pur evolvendo. Non mi sento di parlare in modo analitico di questo libro, è come se un alone di pudico rispetto lo circondi (anche adesso, qui, mentre lo sfoglio alla ricerca di qualche punto saliente che valesse la pena di essere raccontato). E' come ascoltare il nonno che si racconta, bisogna tener fede alla tradizione orale: non tutto si può scrivere, non tutto deve essere sciupato da considerazioni che cercano sempre di andare al di là della cosa stessa, che violano il significato cercando di estenderlo e forzarlo a interpretazioni altre.



Due considerazioni finali, sull'importanza che questo libro ha avuto per me. Mentre lo leggevo è nata con alcuni amici una discussione piuttosto articolata sul bene e il male, in particolare sulle manifestazione del Male e sugli esorcismi. Uno degli ultimi capitoli de I ricordi mi guardano è appunto intitolato Esorcismo.  Nell'ultimo capitolo, invece, si parla dell'inizio della sua carriera di poeta e della sua passione per le rime latine: dopo la maturità scrisse due poesie in verso saffico, una delle quali è "Ode a Thoreau". Ora, io avevo in mente da tempo di avvicinarmi al pensiero di Thoreau, leggendo, su consiglio di un amico, Walden ovvero la vita nei boschi. Mi piace dire che non credo alle coincidenze.