giovedì 12 settembre 2013

Un bel giorno a colazione.

Sono giorni difficili, per chi scrive, i giorni in cui non ti viene da scrivere nulla. Potenzialmente qualsiasi cosa rappresenta l'incipit di un buon racconto che però fatica a uscire. E allora sono lì ad arrovellarmi e a pensare a metodi di anamnesi, il tutto inutilmente (ovvio), quando un bel dì, (oggi precisamente), scopro che qualsiasi metodo fallisce di fronte a una semplice colazione.

Sono lì in questo bar ristorante che dovrebbe rappresentare l'archetipo dell'azienda agricola bio/chilometro zero e che in realtà si trova in una piana di statali, industrie, sale slot e benzinai e chissà che altro. Sono lì dalle otto e trenta e aspetto un amico, che per comodità chiameremo T.
Aspetto T. dalle otto e trenta su una panchina assolata davanti all'ingresso del bar, alle mie spalle il nulla.
Costretta dal mio attuale lavoro a svolgere più che altro una vita notturna, mi rendo tragicamente conto del campionario che perdo ogni mattina e che potrebbe per me essere fonte di esilaranti scritture. Ecco cosa serve per mandar via il blocco dello scrittore, una bella colazione al bar di prima mattina.
Questo posto, poi, è ancora più indicato per quest'attività, rappresentando un crocevia dei più svariati traffici umani.
Partiamo dal bauscia, di cui scorgo vari esemplari: i primi due mi sfrecciano accanto, alle 8:28 già hanno fatto colazione e pimpantissimi si dirigono alla voiture, rigorosamente Audi, con pantalone immacolato, righina perfetta, camicia taaac e bolerino. Capello ricciolino inamidato dal gel, profumo inebriante comprato in aeroporto e via. Parlare di lavoro. Produrre. Insomma, lo scontro con l'imbruttimento del cittadino operoso è sempre devastante, ma a quest'ora del mattino  la figura ovattata e impomatata del bauscia è quasi un sogno. Andale.
Numero due, coppia di guaglioncelli capello rasato e vestiti a buon mercato, sigaretta e cappuccino, brioche e sigaretta, naso rosso che qui la migliore tradizione insegna a pippare anche per far colazione. Si parla e si trama, uno prende la colazione e l'altro aspetta fuori, posa plastica e ginocchio molleggiante, gli zarri della provincia estrema, le pantere della statale, i golden boys del baracchino insomma, cappuccio caffè e poi come minimo un wurstel e crauti.
Numero tre, siori e siore, la numero tre non perdona. La figa di legno, quella che mi lavora in amministrazione, tacco spinto e capello stirato, tinta appena rifatta, solo accessori di Hermès o finti tali, borsetta sul gomito piegato e passo svelto che son sempre in ritardo. Un bel caffè macchiato e di corsa al lavoro, attenta che ti si sbava il rossetto.
A seguire, pem! pem! una dietro l'altra, la milfona da combattimento, dietro-ti-tenta-davanti-ti-spaventa, capello fluente e di biondo pintato, culo da adolescente, vestitino che non fa una grinza, stivale da texana e, appena si gira, mento cascante a lorsignori, occhio di triglia e zampa di gallina che neanche la Givenchy può farci granché, dopotutto.
Sto quasi per svenire inebriata quando accade che i due guaglioncelli sull'attenti vengono interpellati dal cumenda di turno, che esce dal locale e gli fa seduta stante un colloquio di lavoro: sventolata di cv, "hai fatto il pizzaiolo?" "eh" "da maggio a luglio?" "eh". Pazzesco, sono in botta adrenalinica, mi sento Repetto scatenato quando scorgo la sosia (ma più gnocca) di un'ex collega di lavoro, che ricordo per un colorito cinereo e per la sua fama di Precisa. La mia attenzione si sposta sui ricordi di un ufficio ai piani alti con moquette e odore di sigaretta nello stanzino delle fotocopie finché passa l'addetto delle pulizie, in tenuta kaki e giallo che manco un rappresentante delle Chiquita, panza prominente (mi piacciono gli eufemismi) e testa rasata, mi ricorda Bombolo, forse con qualche annetto a Rebibbia sulle spalle. Già me lo immagino a sgobbare con Nino D'Angelo che gli si appioppa addosso quando un omino tondo e stempiato, che dall'incedere capisco essere come minimo parente di Cutolo, trotterella verso l'entrata. Certi uomini non camminano, fanno rimbalzare gli arti. Lo ritroverò nelle cucine, più tardi.
E poi orde di meneghini over 60, i miei preferiti, scialèt, bursèta, scarpèta e feroci critiche al marito che cammina storto, che c'ha la pancia grossa, che s'è messo la maglia col colletto sporco. E infine lui, l'ultimo della mia estenuante lista, l'uomo che non può mancare mai in ogni dove, l'Uomo Vincent (leggi vincente), casual ma di sottomarca, capello brizzolato, Uomo Qualunque in ogni dettaglio, l'eterno mimetizzato, l'avatar del dopoguerra, che in questo caso mi arriva con lo scuterone. Che non manchi mai quel tocco internescional di Cops che danno gli occhiali da sole abbinati alla moto.
E basta, qui finisco, qui arriva T. e ci dobbiamo occupare di un po' di sfottò davanti al caffè e alla brioche, sem minga chi a fa balà la scembia.
Adieu.
 

mercoledì 7 agosto 2013

Apologia felina volume 3 - Frida. Ovvero, dell'ira e del tonno.


C. Cominciamo con la tua esperienza nei Madness...
F.  Il fatto che non mi abbiano mai fatto apparire sulle copertine degli album è tutta una questione di invidia.

C. E la tua storia con Daniel Woodgate?
F. Acqua passata.

C. Ok, ok... capisco che rievocare il passato possa essere duro per te. Cosa ne dici di raccontare ai tuoi fan la tua giornata tipo?
F. Quali fan?

C. Mmm... Recentemente sei stata vista in compagnia di un gatto bianco... Hai ricominciato a  preferire la compagnia felina?
F. Siamo soci. Non che mi piaccia stare con lui, ma abbiamo raggiunto un accordo sulla spartizione del nostro territorio. Una sorta di mutuo soccorso.

C. Come gestisci il fatto di aver cambiato nome? Questo ha avuto delle ripercussioni negative sulla tua identità?
F. Perché mai? E' un fatto che riguarda solo voi umani.

C. Sì, bene... Quindi il fatto che tu mi risponda quando ti chiamo è legato solo alla tua volontà immagino.
F. Esattamente.

C. Mi sembrava di averlo capito... passiamo di nuovo alla vita pubblica. Hai mai pensato di aprire un profilo Facebook?
F. Quello lì è uno stronzo.

C. Il tuo film preferito?
F. I am a fugitive from a chain gang.

C. Il tuo libro preferito?
F. Il buio oltre la siepe.

C. Nonostante tu insinui di non avere fan, la tua popolarità è un dato di fatto... come ti senti quando una persona cerca di fermarti per strada e accarezzarti?
F. Ho sempre puntato tutto sul mio lato esteriore. Sono estremamente riservata e uso la mia bellezza come uno scudo... Tutti si fermano all'apparenza e lasciano in pace il mio cervello.

C. Che sarà sempre molto occupato in attività superiori, immagino...
F. Dipende.

C. Come definiresti il tuo stile di vita?
F. In apparenza epicureo, in realtà kantiano.

C. Passi molto tempo quindi ad arrovellarti...
F. Il fatto è che soffro d'insonnia.

C. Non si direbbe... Cosa ne pensi della decisione dei vicini di comprare un cane a breve?
F. Rispondo solo in presenza del mio avvocato.

C. Raccontaci della tua passione per i vini...
F. Non si tratta di una vera e propria passione... Ho deciso di trasformare gli attacchi dei miei avversari in qualcosa di monetizzabile. Così ho acquistato un terreno e mi sono messa a produrre vino, il Frida Gattacorta. Sembra stia avendo un discreto successo.

C. Te lo auguriamo. Molti ti definiscono come una gatta scorbutica.
F. .... (si lecca).

C. Vorresti lasciare un messaggio alla nazione?
F.  Si potrebbe avere un po' di aragosta per favore?


Frida - Dopo un'intensa attività artistica sulla scena ska, ha lasciato la vita a Camden per trasferirsi in Italia e proseguire la sua carriera di filosofa e ghost writer. Scrive per Le Monde. Il suo vino, Gattacorta, è Oscar del Vino 2012. Nel tempo libero è sommellier di tonno in scatola.





venerdì 10 maggio 2013

L'importanza di morire in crociera.

I ricchi fanno cose strane, da sempre. Ultimamente, però, ho scoperto un'altro modus operandi del ricco. Il ricco va in crociera e muore.



Succede che questo pezzo grosso va in crociera per 100 giorni, tre mesi in giro per il mondo. Eh sì, perché il suddetto ricco è arrivato nella fase della vita che per una persona medio-normale nata circa 60 anni fa si chiama età della pensione. E' una cosa che succede veramente, solo che adesso è un po' demodè. A qualcuno succede ancora, di andarci. Non a mia madre. Il vecchio ricco decide di intraprendere questo viaggio da gradassi intorno al mondo, una roba allucinante, un'esagerazione.

Finché la barca va... e la gente comincia a morire. Cioè il vecchio tronfio, che si sentiva in forza, in salute, orgoglioso e fiero della sua meritata vacanza, si rende conto di stare su una Geronto Nave della Compagna Caronte.  Se ci pensate bene, tre mesi sono tanti. E la maggior parte della gente che intraprende tre mesi di viaggio in nave per puro diletto, non deve avere proprio un cazzo da fare. Ergo, è gente ricca e vecchia. Puff, puff, puff, uno via l'altro, almeno dieci persone ci lasciano le penne, per le cause più varie. Malattia, viagra, cocaina, antidepressivi, delitto d'amore.  Una gigantesca torta nuziale, strati su strati, migliaia di persone al suo interno, compresi gli schiavi. Un ecosistema mobile. Fantascienza. Un Truman Show in piena regola. Un non luogo ambulante.  I ricchi riescono sempre stupirmi!

10 morti in tre mesi. E il vecchio sente che il cerchio si stringe. E implora la nave di andare più veloce, implora il tempo di passare più in fretta, è come il soldato di Samarcanda. Conta i porti, per ogni porto una salma (e io che pensavo che si gettassero ancora in mare, in pasto ai pescicani!).

Il mondo gira, il vecchio gira intorno al mondo che gira, la morte gira intorno a lui su una nave che gira nelle correnti... mi viene da vomitare.

E finalmente il vecchio torna a casa. Torna vivo. Bacia la terra, l'avrebbe fatto se non avesse quella pancia enorme che lo farebbe rotolare su se stesso a mo' di cimice rovesciata. Ce l'ha fatta. E' scampato, ha corso più veloce della nera signora, once again. Adesso è pronto a ricominciare, si sentirà le gambe libere, stranamente mobili, tutti questi giorni di corsa gli hanno fatto bene, non ha più nemmeno il fiatone, si sente leggero, quasi trasparente. Per un attimo ha paura di essere scomparso, di essersi perso in qualche porto lontano, oddio, nessuna ambasciata in vista, nemmeno telefoni, non c'è campo, altro che 3G.
Adesso che ci pensa bene però, si sente davvero troppo leggero. Cioè, più che leggero, ovattato. E nessuno risponde più ai suoi ordini. Ehi, dico a voi, mi sentite!?

Sì, sì, ti sentiamo. Ti sentiamo eccome. Allora piano piano il corpo riacquista pesantezza, dev'essere un'effetto di decompressione prodotto dall'osmosi da un'ecosistema all'altro. Riprende contatto con la dimensione terrestre, adesso sì che la panza si sente, comincia anche a sudare un pochino. Lo ascoltano, rispondono ai suoi ordini. I suoi sottoposti, che meraviglia! Non si era mai sentito così solo come su quella torta nuziale, con tutte le belle comparse, ricche come lui.

Sì, sì, ti sentiamo. Non preoccuparti bambino mio. Siamo subito da te. Ai tuoi ordini. Solo, attento a non avvicinarti troppo allo sfondo, è di cartapesta, può venire giù. Sai, l'ultima volta non ci hai fatto il bonifico, non potevamo costruirlo con materiali più solidi.