venerdì 18 luglio 2014

Un leggero sforzo d'immaginazione.




Tante parole sono state dette, continueranno a essere dette in virtù del diritto a esprimere la propria opinione. C'è sempre chi sceglie il silenzio che, in casi come questo, invece di esser d'oro ha il sapore ferroso del sangue.

Cercherò di esprimermi senza sprecare una sola parola, dirò lo stretto necessario; mentre c'è chi si arrovella su questioni etiche, epistemologiche, retoriche, fino ad aggrovigliarsi le ali nei propri voli pindarici, io cercherò di usare le parole per quello che sono e per quello che servono, comunicare un bisogno, uno stato d'animo e mentale, istintuale.

Immagino che la città in cui vivo, dall'oggi al domani, debba contare migliaia di morti. Gente che conosco, gente che non conosco, gente che amo e gente che odio, rivoltate come calzini gettati per strada, la mandibola al posto della spalla, la gamba destra girata di 360 gradi, ad angolo retto con il torace, un naso noto sparito per sempre in un grumo rosso e nero.
No, non è la ricerca pulp di un'audience di adolescenti annoiati, è quello che sarebbe potuto succedermi se fossi nata in un'altro posto.
Probabilmente avrei visto mia madre (Rosadele, ha appena compiuto 60 anni, il suo profumo di acqua di rose, gli occhi verdi, ogni singolo neo della sua pelle) piangere disperata stringendo il corpo senza vita di mio nipote Samuele (il 25 luglio compie 6 anni, sta per iniziare la scuola elementare, sa già scrivere, è un bambino dolce e vivace, ha una costituzione esile come quella del suo papà).
Probabilmente avrei saputo che l'ospedale dove in questo momento mio padre (Sergio, di anni 65, con due pezzi di legno fa magie, gli piace la musica degli anni '60) è ricoverato, sarebbe stato bombardato a breve, in quanto definito obiettivo strategico.
Forse avrei  previsto la morte di crepacuore della mia anziana nonna, Ida, 90 anni, che in casa di riposo ha scoperto che le piaceva scrivere. Forse non sarei qui a fare queste congetture, la mia casa e quella dei miei genitori potrebbero essere sventrate, le piante grasse, i serramenti di legno dipinti di bianco, la facciata rosa, la vite già appesantita dall'uva.
Forse i miei gatti, Frida e Hook, potrebbero essere sotto un pezzo di soffitto (Hook sta sempre sulla poltrona a quest'ora, magari Frida si sarebbe salvata).

Potrei continuare oltre, ma non lo faccio perchè mi viene da piangere. E non per me, perchè io una famiglia, una casa, due gatti, il frigo pieno, ce li ho. Se apro il rubinetto posso bere, lavarmi, bagnare le piante e, addirittura, scegliere se l'acqua la voglio fredda o calda. Ho appena rinnovato un abbonamento di 15 euro per il mio telefono, uno smartphone che mi fa andare su Internet ovunque io sia. Potrei anche sorridere, se mi andasse; dopotutto, come diceva Pierangelo Bertoli, "il vento soffia ancora".


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